giovedì 17 gennaio 2013

DVS srl (acronimo di Del Basso De Caro-Viscione-Solano)

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Non è indagato e non finirà impigliato nelle larghe maglie del codice etico del Pd. Ma nel recente passato di Umberto Del Basso De Caro, ex parlamentare socialista craxiano e capogruppo dei democratici nel consiglio regionale campano, uscito trionfatore dalle parlamentarie nel beneventano e premiato con un posto nel cappello di lista Campania 2, ci sono alcuni nei. 
Piccoli, ma fastidiosi e imbarazzanti, se li vai a toccare. A cominciare dalla presenza in una società di certificazione dei bilanci iscritta a Roma nel novembre del 2006. Dove l’avvocato che difende Nicola Mancino nel processo sulla trattativa Stato-mafia compare come socio insieme a due indagati per una maxi frode assicurativa tra Malta, la Gran Bretagna e l’Italia meridionale, un giro di denaro che gli inquirenti quantificarono in decine di milioni di euro. 
I due si chiamano Vincenzo Viscione e Fabio Solano e insieme a Paolo Viscione, papà di Vincenzo, furono incarcerati nel dicembre 2010 su richiesta del pm di Napoli Vincenzo Piscitelli nell’ambito di uno dei filoni delle indagini che hanno messo nei guai il deputato Pdl Marco Milanese, l’ex ufficiale delle Fiamme Gialle ed ex braccio destro dell’allora ministro delle Finanze Giulio Tremonti, accusato a sua volta di aver spillato quattrini e regali a Viscione senior per ‘proteggerlo’ dagli accertamenti della Finanza e della magistratura.
La società si chiama DVS srl (acronimo di Del Basso De Caro-Viscione-Solano, quest’ultimo ne era l’amministratore) e compare a pagina 20 dell’ordinanza firmata dal Gip Amelia Primavera tra gli 82 beneficiari dei flussi finanziari tramite i quali la cricca delle assicurazioni distraeva i premi assicurativi. E’ una classifica che va dall’importo più grande a quello più piccolo, e la DVS strappa il sedicesimo posto con 100.000 euro e qualche spicciolo. Per la Procura, la DVS faceva parte di un elenco di 17 società apparentemente indipendenti ma in realtà tutte collegate e facenti capo al dominus Paolo Viscione “in modo da costituire un gruppo unitario e funzionalmente coordinato”. Tramite il quale i Viscione, padre e figlio, Solano e almeno altre quattro persone avrebbero realizzato un’associazione per delinquere per compiere una moltitudine di reati.
Del Basso De Caro, è bene ribadirlo, non è stato mai indagato. Il Gup ha rigettato una richiesta di patteggiamento di Viscione e il fascicolo è ancora aperto. La presenza di Del Basso De Caro in una società implicata nell’ ‘operazione Malta’ venne fuori nel corso della presentazione di un libro sulla P3. Contattato per un chiarimento da ilquaderno.it, l’avvocato affermò che la DVS fu costituita con un capitale sociale di soli 20.000 euro, lui vi contribuì con 5.000 euro ma non ne fu mai amministratore, e la società non fu mai operativa. La visura camerale estratta l’11 gennaio scorso rivela che la DVS è stata cancellata il 2 dicembre 2010.
Del Basso De Caro, involontariamente, è stato anche una delle concause dell’inchiesta di Santa Maria Capua Vetere che devastò l’Udeur scoperchiandone clientele e pressioni indebite. Clemente Mastella era inferocito per uno sgarro: voleva un suo uomo alla presidenza Iacp di Benevento ma la giunta Bassolino preferiva l’avvocato diessino.
La situazione si sbloccò grazie a un intervento del consuocero di Mastella, Carlo Camilleri. Del Basso De Caro lo chiamò il 30 novembre 2006 per ringraziarlo: “La presidenza – disse al telefono l’avvocato – è a loro disposizione (dei Mastella, ndr)… io non sono contro Mastella né contro la signora… quando hanno bisogno non è che mi devono chiamare… mi fanno chiamare… Mi fa chiamare e mi dice ‘guarda io desidero questa cosa’ ed io, figurati, mi metto a disposizione’. “Un’ampia professione di fede e di devozione nei confronti del- l’attuale ministro (Mastella, ndr)” commentò il Gip Francesco Chiaromonte.
Nel curriculum di Del Basso de Caro c’è anche la sentenza della Corte dei conti che nel giugno 2011 lo ha condannato insieme ad ex amministratori e dirigenti del Comune di Benevento alla restituzione di circa 3 milioni di euro. All’origine del provvedimento il condono tributario deliberato dal Consiglio comunale sui canoni delle acque reflue e la depurazione. 
Al penalista, in qualità di ex consigliere comunale, è toccata una fetta di colpa quantificata in quasi 30.000 euro.  
(di Vincenzo Iurillo – Il Fatto Quotidiano)

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