giovedì 17 gennaio 2013

Quando si aprirà una vera e seria inchiesta giornalistica e giudiziaria sul Tribunale di Benevento ?


E il tribunale "porto delle nebbie" di Benevento? Quando si aprirà una vera e seria inchiesta giornalistica e giudiziaria ?
Rosanna Carpentieri

Si legga anche la segnalazione-denuncia a mezzo stampa: Cosa fa il Presidente del Tribunale di Benevento 

“La zona grigia e il silenzio degli onesti” – Raffaele Cantone, su Il Mattino di Napoli, ed. naz. di giovedì 17 gennaio 2013


Ieri, Il Mattino ha dedicato ben tre pagine al giro di presunte tangenti per fermare i processi nel Tribunale di Napoli, nel quale sarebbero coinvolti cancellieri, avvocati, medici, un poliziotto e dipendenti, in tutto una trentina di persone, indagate e in parte arrestate per associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari, rivelazione del segreto istruttorio ed altri reati contro la pubblica amministrazione.
Secondo la ricostruzione accusatoria – che non significa affatto sentenza di condanna, ma che ha comunque ricevuto l’avallo di un giudice – vi erano alcuni dipendenti delle cancellerie giudiziarie che, in cambio di tariffe fisse e prestabilite in denaro, fornivano notizie sottoposte a segreto di indagine o persino nascondevano fascicoli o atti in essi contenuti perchè non si celebrassero processi, in modo che scattassero prescrizioni o non fossero eseguite pene detentive o abbattimenti di immobili abusivi. Ad usufruire di questi servigi sarebbero stati quattro avvocati che si facevano pagare profumatamente dai loro clienti o imputati che riuscivano ad avere accesso agli uffici per il tramite di immancabili faccendieri.
CorruzioneUno smaliziato lettore potrebbe a questo punto dire, “e allora?”. “Cosa c’è da stupirsi? E’ l’ennesima storia di malaffare in una città che in parte sembra essersi assuefatta alle piccole e grandi illegalità quotidiane e persino alle faide che insanguinano le periferie, fino a digerire un omicidio commesso nel cortile di una scuola materna”.
Non vorrei sembrare ingenuo e mi guarderei bene dal fare una classifica di gravità fra i fatti delinquenziali che la cronaca giornaliera ci propina, ma non si può archiviare questa vicenda fra la ordinaria cronaca nera.
Il malaffare questa volta non è emerso in un qualsiasi ufficio pubblico (che pure andava stigmatizzato), ma in quello che non è retorico definire come il tempio della giustizia ed i correi non sono tossicodipendenti o extracomunitari senza permesso di soggiorno.
Ma professionisti, fra l’altro noti ed affermati, e impiegati che per il loro ruolo avrebbero dovuto rappresentare il presidio della legalità e della giustizia.
Quella coinvolta è un pezzo della classe dirigente che ha abdicato al suo ruolo di rappresentare il tessuto operoso e l’argine alla delinquenza e al malaffare in una città.

E’ quella zona grigia che in altre occasioni si è prestata a riciclare o a reinvestire il denaro dei camorristi o degli usurai in pizzerie, discoteche o imprese edilizie e sanitarie o che ha pianificato a tavolino miliardarie truffe agli enti pubblici o a quelli previdenziali o che ha creato un sistema rodatissimo per aggiustare processi tributari e consentire ad evasori conclamati di farla definitivamente franca; e questo solo per rimembrare alcune delle vicende più eclatanti dell’ultimo periodo.
Contro la diffusione di quello che appare un vero e proprio bacillo pestifero, le pur meritorie ed ormai sempre più diffuse ed approfondite indagini della magistratura rischiano di scoprire alcune delle falle in un vascello che ai più pessimisti sembra già destinato ad affondare. Non saranno mai sufficienti arresti e condanne per uscire da questo buco nero; è, invece, indispensabile l’impegno della parte sana di quella stessa borghesia e classe dirigente che sembra aver rinunciato a reagire, chiudendosi in un supino isolamento, che rischia di apparire connivenza se non complicità.
I cittadini devono aver il coraggio di fare terra bruciata anche sul piano culturale, isolando i disonesti ed i corrotti e gli ordini professionali devono avere il coraggio di esercitare davvero i poteri disciplinari, espellendo le mele marce, senza più logiche perdoniste e corporative.
Un dovere ancor maggiore dovrebbe spettare alla politica che, mai come in questo momento, dovrebbe sentire l’ineludibile imperativo etico di lanciare messaggi inequivocabili della volontà di cambiare e che, invece, fa persino fatica ad adottare un codice etico che risparmi a noi cittadini candidature (e sicure elezioni) di soggetti che in qualunque stato civile sarebbero qualificati come impresentabili.

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