martedì 25 giugno 2013

E Travaglio disse: "Senti chi sparla...". Lo seguì Messora col fine di minimizzare il primitivismo violento di Grillo

E Travaglio disse: "Senti chi sparla...
C'è un solo spettacolo deprimente come i 5Stelle che cacciano una
senatrice per aver criticato Grillo: i partiti che danno lezioni di
democrazia. Anzichè tacere e guardare al proprio interno, nella
speranza che non lo facciano anche i loro elettori superstiti, i
partiti dei soldi pubblici in barba al referendum, delle tessere
false, dei congressi taroccati o mai fatti, delle regole violate o
cambiate su misura per gli amici, degli statuti carta straccia, dei
probiviri dormienti e del Porcellum, montano in cattedra col ditino
alzato: "Eh no, certe cose non si fanno". Il socialista Nencini si
appella addirittura a Grasso perchè salvi la Gambaro, e lui la
democrazia dei partiti la conosce bene perchè viene dal Psi: il
partito di Craxi che cacciava i dissidenti Codignola, Bassanini,
Enriques Agnoletti, Veltri e altri e si autocelebrava nei congressi
con le piramidi di Panseca facendosi eleggere per acclamazione. Anche
il centrosinistra inorridisce per le 4 o 5 espulsioni grillesche,
forse perchè ne ha all'attivo centinaia: quando si tratta di
democrazia interna, fa le cose in grande fin dai tempi della cacciata
del gruppo "manifesto"e dei "pidocchi" di togliattiana
memoria. Chi volesse l'elenco completo (o quasi) degli espulsi dal
Pd lo trova sul blogbojafauss.ilcannocchiale.it . Ad Agropoli
ne han cacciato uno che aveva denunciato una speculazione edilizia;
due consiglieri di Troina li han silurati "per aver votato in
contrasto con le indicazioni del partito"; alcuni li han
defenestrati con una telefonata dall'esecutivo di Piacenza perchè
osavano sostenere Renzi, ecc.

Particolarmente democratico il caso di Avigliana, in Valsusa, piccola
patria di Fassino. Alle ultime comunali il Pd si presentava in un
listone civico Pro-Tav con Pdl e Udc contro i suoi dirigenti locali
No-Tav, alleati con Idv, Sel e M5S. L'ammucchiata naturalmente perse
il Comune e per vendetta il Pd piemontese fece espellere i tre eletti
nella lista vincente e commissariare il circolo del paese per eresia
dal dogma dell'Immacolata Cementificazione. La Lega ha espulso più
dissidenti di un arbitro di calcio, e qualcuno l'ha pure menato. Il
partitucolo di Monti è un accrocco di partitini personali, da Casini
a Montezemolo, capitanati da un senatore a vita che si è candidato
da ineleggibile dopo aver giurato che mai e poi mai. Lì alberga pure
l'ottimo Buttiglione, che nel 1995 era segretario del Ppi e
dall'oggi al domani, dopo aver sfiduciato il governo B., annunciò
l'alleanza con B. La maggioranza del partito gli votò contro: lui
espulse la maggioranza del partito.

Il Pdl, già Forza Italia, ha fatto due congressi in vent'anni, per
giunta finti. Tre anni fa Fini, uno dei due fondatori, se ne andò un
attimo prima di finire espulso insieme ai fedelissimi Granata,
Bocchino e Briguglio, sbattuti dinanzi ai probiviri in quanto
"incompatibili con i valori fondanti del partito". Cioè i valori
dell'illegalità, visto che avevano contestato il bavaglio
anti-intercettazioni, la prescrizione breve e la revoca della
protezione al pentito Spatuzza. Ma il caso più strepitoso risale al
1996, quando fu arrestato il giudice Squillante e furono indagati
Previti e B. per averlo corrotto, in base alle accuse di Stefania
Ariosto, allora compagna di Vittorio Dotti. Civilista Fininvest da 16
anni, Dotti era il numero 2 di Forza Italia. Previti chiese la sua
testa per non aver tappato la bocca alla fidanzata. B. lo convocò e
gli intimò di scrivere una totale dissociazione dalla Ariosto e
giurare che le sue deposizioni erano "fantasie, calunnie e bugie".
Dotti rispose di non poterlo fare. Allora la Fininvest gli revocò
tutte le cause e B. prima lo cacciò dal partito perchè "il nostro
rapporto si è incrinato", poi lo "scandidò" da capolista di
Forza Italia nel collegio Milano4 a un mese dalle elezioni,
rimpiazzandolo con un altro avvocato della ditta. Tanto - disse
Ferrara - "a Milano 4 faremmo eleggere non solo Dotti, ma pure il
suo cane". Con tanti ringraziamenti dal neodeputato, detto da quel
giorno "il cane di Dotti".


Nostro commento: Signor cittadino Travaglio, in estrema sintesi le cose risaputissime che ripete sino alla nausea sono due : quelli che il Mò Vi Mento combatte (a parole, però: dica anche questo) non hanno la legittimità morale per criticarlo in quanto è ciò che da tempo hanno esattamente praticato al loro interno. Lo sappiamo! La "pratica" è moneta corrente ovunque.
Ma non si fa come Lei fa: troppo bello indignarsi perchè solo una parte sta sotto il fuoco costante della critica (e Le assicuro che i cittadini non sono dei minorati in questo, anzi degli attenti osservatori...), troppo bello cavarsela con i lettori con un improponibile confronto tra l'arcinoto marcio, stramarcio e squallido "vecchio" e il presunto "nuovo che avanza" le cui magagne madornali e i cui LIMITI sono sotto gli occhi di tutti, anche se fa finta di non rendersene conto. Il confronto se le interessa non si può proporre perchè sarebbe come confrontare la cacca con la cacca e perchè il Mò Vi Mento si accredita con la propaganda come "la perfezione", "il nuovo corso", "gli illuminati della democrazia" etc. etcì (starnuto!). 
La verità è un'altra, semplice semplice:
non c'è nessuna differenza come il suo confronto, a dir poco conferma.

Ci interessa poco o niente che gli "impresentabili" diano lezioni di democrazia non potendole dare. Ci interessa la democrazia praticata ed effettiva da chi si presenta come la sua ipostasi in terra. E' diverso.
Ma come mai negli ultimi tempi ha così poco da dire ed è diventato illeggibile ?
Il suo compare pennivendolo del 5 stelle, Messora, responsabile del gruppo "Comunicazione" al Senato, ammette in toni più decisi pur non dicendolo, che lo spettacolo offerto da Grillo è deprimente ma vuole minimizzarci il tutto dicendoci in ultima analisi che espellere un soggetto (cioè la moneta corrente di tutti!) è la cosa più normale del mondo in qualunque setta, gruppo, clan, partito e che dalla primitiva dilapidazione si è passati alle moderne pratiche secondo lui democratiche.
Ma la sostanza non cambia e non c'è differenza tra tecno fascismi e purghe staliniane , come l'articolo di Messora (anche in questo caso) a dir poco conferma.
Messora si commenta squallidamente da sè quando parla di cortina fumogena sollevata ad arte e di critica con "l’unico limite dell’attitudine individuale al solipsismo verbale acrobatico (masturbazioni linguistico-paranoidi in cui il raggiungimento del piacere è legato all’invenzione dell’associazione di idee il più indecente e indecoroso possibile)."

Depistaggi dei pennivendoli : non occorrono le crociate insulse di Messora e Travaglio.
Parliamo dell'espulsione di una cittadina e la priorità sarebbe capirne i dettagli !
Qualcuno vorrebbe  spiegarci quale parte del codice di comportamento avrebbe trasgredito visto che lei ha criticato i post del sito personale di Grillo ( visto che gli introiti pubblicitari vanno in tasca a Grillo e non al movimento e il sito e’ un sito privato); il regolamento prevede che il sito ufficiale del movimento e’ movimento5stelle.it e Grillo quando si esprime sul suo blog lo fa a titolo personale, quindi la Gambaro da regolamento poteva criticarlo in quanto sul suo blog altri non è che  solo un privato cittadino criticabile da chiunque. Se invece parla a nome del Mò Vi Mento deve per regolamento farlo sul sito ufficiale della setta: ergo, è Grillo ad avere violato le regole.
http://www.beppegrillo.it/movimento/codice_comportamento_parlamentare.php


Rosanna Carpentieri

Cartellino rosso ? E' proprio così ? Gli Italiani refrattari alle manipolazioni ne sono certi ?
"Nelle comunità primitive, l’appartenenza al gruppo era fortissima. C’era un motivo. Dalla coesione e dall’unità di intenti del gruppo dipendeva la sopravvivenza dei suoi stessi individui. Quando qualcuno la metteva in pericolo, la sua sorte era segnata. Una delle punizioni più severe era l’espulsione dalla comunità. In una ambiente primitivo e ostile, essere cacciati dal gruppo significava andare incontro a morte certa. Nel gruppo si viveva. Fuori dal gruppo, no.
Tecno-fascismo purghe staliniane
Qualcosa di simile avveniva nelle comunità più avanzate. Romeo fu cacciato da Verona perché aveva assassinato Tebaldo e venne esiliato (il fatto che si tratti di una tragedia di Shakespeare non rende l’esempio meno realistico). Certo, le conseguenze di un esilio erano meno traumatiche. Ma non del tutto indolori. In un mondo fortemente diviso per fazioni arrivare in un nuovo villaggio, un nuovo feudo, una nuova cittadella da esule, da forestiero, senza la protezione del gruppo, o addirittura provare a mettersi al seguito dell’esercito nemico, poteva avere le stesse tragiche conseguenze dell’espulsione da una comunità tribale.
Tra le espulsioni traumatiche c’è sicuramente quella messa in atto da una corte marziale, il tradimento della gerarchia e della fedeltà a un corpo militare, che in tempi di guerra costa frequentemente la morte. Analogamente (per intransigenza e per spietatezza), perdere la fiducia del gruppo in una organizzazione criminale significa andare incontro a una esecuzione. E incontro a morte certa andavano anche coloro che venivano giudicati cospiratori, anche semplici cittadini, che nella Russia di Stalin subivano esecuzioni sommarie (le Grandi Purghe), o i dissidenti sudamericani (i desaparecidos gettati in mare dagli aerei ad alta quota), o coloro che non si allineavano nel periodo fascista. La punizione era sempre la stessa: la reclusione o la morte. Spesso tra le due condizioni ve n’era una terza intermedia: la tortura.
Potremmo andare avanti a lungo, ma sono sicuro che ci siamo capiti. Perché vi racconto queste cose? Perché non è infrequente che alcuni commentatori in mala fede, su media compiacenti, si riferiscano alle espulsioni dal Movimento 5 Stelle come a episodi di tecno-fascismo, a purghe staliniane e così via, con l’unico limite dell’attitudine individuale al solipsismo verbale acrobatico(masturbazioni linguistico-paranoidi in cui il raggiungimento del piacere è legato all’invenzione dell’associazione di idee il più indecente e indecoroso possibile).
E’ utile disperdere la cortina di fumo sollevata ad arte e recuperare la giusta lucidità. Le democrazie moderne hanno superato il rito dell’espulsione fisica, codificando e sublimando la legittima necessità di preservare l’identità di gruppo attraverso una nutrita filiera di ordinamenti giuridici. L’arbitro che espelle un giocatore dal campo non lo condanna a morte, ma sanziona solo un comportamento scorretto rispetto alle regole scritte (come, immagino, il divieto di insultare il ruolo di chi svolge funzioni di garante rispetto al regolare svolgimento della partita) o non scritte ma semplicemente lapalissiane. E’ la giustizia sportiva. Allo stesso modo, un’assemblea condominiale può “espellere” un condomino per morosità, e una qualsiasi associazione privata può fissare le proprie regole e decidere, a maggioranza, sulla permanenza di un membro nel gruppo.
Non è un caso che un gruppo parlamentare sia, di fatto, una associazione privata e abbia uno statuto (o un “non statuto”). Inoltre, il carattere distintivo che lega un parlamentare al suo gruppo è di natura prevalentemente fiduciaria. Sono le regole delle quali la nostra democrazia si è dotata per sostanziarsi in istituzioni che tutelino sia i diritti inalienabili del singolo, sia quelli giuridici dei singoli che si costituiscono in gruppo e che hanno parimenti “diritto” a preservarne le intenzioni, lo spirito, l’attitudine. Cosa resterebbe di una cellula se i suoi mitocondri si mettessero ognuno a divorare ogni giorno un pezzo di dna a piacere?
I gruppi parlamentari sono solo organizzazioni, interne al Parlamento, nate per semplificare e razionalizzare l’appartenenza degli eletti secondo i tratti distintivi comuni. L’eletto, essendo libero da vincoli di mandato, secondo il “regolamento condominiale” chiamato Costituzione (passatemela) è libero di passare da un gruppo all’altro, a seconda di quale sia quello nei cui valori si identifica maggiormente. Se non ne trova uno adatto, può continuare il suo percorso istituzionale nel Gruppo Misto. Allo stesso modo, se un gruppo ritiene che uno dei suoi membri non condivida più i tratti distintivi fondamentali condivisi dalla maggioranza, può decretarne l’esclusione al fine di preservare una chiara identità. E l’identità è tutto, sia nella psicologia individuale come, a maggior ragione, nella dinamica sociologico-politica. Tanto più se parliamo del Movimento 5 Stelle, che si picca di fare della coerenza uno dei suoi punti di forza.
Il Movimento 5 Stelle, nelle sue declinazioni parlamentari, è attraversato da opinioni estremamente diverse, e questo gli conferisce valore e costituisce la rappresentazione plastica degli ideali di democrazia partecipata che persegue. Quando tuttavia queste opinioni minano alle fondamenta la sua stabilità, i suoi valori chiave, i suoi punti di riferimento, rischiando di svuotarlo dall’interno e, soprattutto, di farlo avvitare su se stesso, disperdendo l’energia politica in interminabili discussioni di metafisica istituzionale e spezzando quel legame, quel patto di responsabilità politica basato sui programmi che lega l’elettore ai suoi portavoce, allora è legittimo che il gruppo decida, convergendo a maggioranza, di autopreservarsi, e in questo modo preservare le speranze e le intenzioni dei cittadini che lo hanno votato.
Un senatore o un deputato “espulso” da un gruppo parlamentare non va incontro a un destino orribile: perde solo il diritto di parlare a nome di quel gruppo che non si riconosce più nelle sue opinioni o nei suoi comportamenti, ma continua a portare avanti la sua attività politica nelle stesse aule, spesso senza cambiare neanche di posto (Mastrangeli molto di frequente siede vicino ai parlamentari M5S e chiede a loro come e cosa votare). Di contro, chi non riconosce a un gruppo il diritto di decidere a maggioranza su quali contenuti, valori e forme veicolare, disconosce la Costituzione repubblicana e il senso stesso della politica. E anche, francamente, il senso del ridicolo, visto che le espulsioni (per motivi ben più gravi come l’avere denunciato attività illecite dei propri capi di partito) sono all’ordine del giorno nelle grosse formazioni politiche.
Ma nessuno ne parla. E, soprattutto, nessuno usa termini come “tecno-fascismo” o “purghe staliniane”. E’ più fascista chi usa strumenti istituzionali per cercare di preservare la coerenza del patto elettorale, o chi sui media accusa di fascismo il legittimo utilizzo di una normale pratica codificata dai regolamenti parlamentari, omettendo sistematicamente di guardare alla trave negli occhi dei suoi referenti politici?
Non so se sia giusta l’espulsione individuale di questo o quel parlamentare, ma una cosa è certa: le dichiarazioni che alcuni di loro costantemente rilasciano in televisione e sulla carta stampata, spesso con un tempismo fenomenale, oscurano costantemente l’attività politica di chi alle lamentele e alle luci della ribalta preferisce i lavori delle commissioni e l’attività dell’aula. E questo, con la complicità dei media che si disinteressano dei contenuti (dichiarandolo apertamente, come ha fatto Corrado Formigli durante l’intervista a Nicola Morra) per sollevare cortine fumogene (da quale pulpito ? n.d.r.) basate esclusivamente sul gossip metapolitico, rappresenta il vero cancro di questo paese."

Il punto di vista di Pietro ORSATTI (che condividiamo).

La Gambaro non è Bucharin. Non me ne voglia la ormai in libera uscita senatrice M5S ma il livello non è certo lo stesso. Il metodo stalinista del processo tarocco (come quello nei confronti di Rosanna Carpentieri espulsa dal gruppo fb Sannio a cinque stelle dalle zelanti "amiche di Grillo", Maio e Santaniello. Tribunale del Popolo M5S : ma pagheranno i dovuti diritti d'autore agli eredi di Franz Kafka? n.d.r.) a cui è stata sottoposta è identico. Anche se su un piano grottesco. 
Piccoli funzionari zelanti, commissari del popolo, guardiani interessati dell’ortodossia: si sono dati tutti molto da fare gli imitatori appannati dei guardiani della rivoluzione. Una rivoluzione che non c’è. 
Tutto per proteggere se stessi all’ombra del capo. Triste e piccolo spettacolo di inizio estate. Il bisogno dello sfogo. Del sangue (virtuale) del nemico e dell’umiliazione del proprio compagno di viaggio sacrificabile per alimentare a dismisura il narcisismo vittimista del leader. 
E cercarne i suoi favori. 
Tutto presunto, tutto teatro senza la nobiltà del teatro vero.
Nikolaj Ivanovič Bucharin, dirigente e intellettuale della Rivoluzione russa, osò porsi criticamente verso alcuni dei temi imposti dal compagno Stalin a metà degli anni ’20. Subì un processo per tradimento, con esito drammatico. Un processo che è entrato nella storia dell’Unione sovietica e del comunismo. I Cinque stelle hanno cercato in questi giorni di mettere in scena una macchietta d’avanspettacolo di serie B parodiando malamente quel pezzo di storia. Precipitando, inconsapevoli, nella solitudine del ridicolo.
Vediamo come.
In meno di 24 ore i cinque stelle sono riusciti a liquidare ogni residuo della propria credibilità. Se ne era rimasta ancora traccia
Prima con il processo sommario alla senatrice Gambaro messo in scena per “stanare” ogni voce minimamente autonoma dagli umori di Beppe Grillo (e avviare, non abbiamo dubbi, una serie di ulteriori espulsioni o pressioni per dimissioni) e denunciando contemporaneamente infiltrati e traditori (inesistenti se non nella realtà virtuale del blog di Grillo e Casaleggio) e il tentativo da parte del PD e di Sel di comprare deputati e senatori grillini (senza fare nomi o fornire elementi atti a dimostrare la tesi). 
Poi il colpo di genio che mi fa pensare che gli strateghi della comunicazione e del marketing politico del blog siano esageratamente pagati con quei soldi pubblici destinati alle attività parlamentari e dirottati invece al nebuloso mondo della comunicazione. Qui di espertoni non se n’è vista traccia. Parlo della manifestazione in sostegno di Grillo tenutasi davanti alla camera. Convocata per solidarietà al capo in pieno stile non stalinista ma libico pre caduta di Gheddafi.
Il popolo del web che circonda il parlamento e difende l’ortodossia dei cittadini stellati dal vile tradimento dell’orrida traditrice e dei suoi alleati occulti. Con tanto di vademecum al popolo su come comportarsi e soprattutto cosa dire (e come dirlo) a quei venduti dei giornalisti. Pensavate a una folla oceanica e delirante? Pensavate alla presa del palazzo nella canicola romana? Neanche per sogno. 
Duecento persone al massimo compresi parlamentari e giornalisti e fotografi e servizio d’ordine (privato e non dubitiamo pagato). Di attivisti arrivati in piazza a difendere il leader a malapena un centinaio. I più ggggiovani sono i deputati stellati. L’età media si avvicina più ai 60 anni che ai 50. Due terzi del già esiguo spazio è vuoto. Il popolo segue l’ombra. Ed è in affanno. Ogni tanto qualcuno cerca con un megafono di ravvivare la folla ma la folla non c’è. C’è solo caldo. E facce serie di chi si conta e scopre che la realtà è nei numeri.
Passa Civati, che deve raggiungere alcuni amministratori locali nella stessa piazza. Le telecamere lo inseguono, gli stellati pure. Qualcuno prova a provocarlo, lo insulta. Finisce lì. Il caldo fa bollire la testa ma mette anche a tacere gli eccessi. “Bastardo, venduto, hai rotto il cazzo”, poi gli argomenti si dissolvono in sudore. C’è un giovanotto de La Cosa che deve avere qualche problema nella lettura della realtà. Si avvicina a Civati e gli chiede se è anche lui a manifestare la sua solidarietà a Grillo. Civati lo guarda e non sa se rispondere o scoppiare a ridergli in faccia: “Veramente io sono qui per caso. Sono uscito dalla camera per incontrare degli amministratori locali, voi siete qui nel punto di passaggio e di qui dovevo passare per forza”. i difensori dell’ortodossia grillina distolgono lo sguardo, un operatore tv si sganascia dalle risate.
Erano molto meglio gli autori di un tempo, Beppe. Benni, Serra, la regia di Gaber. Quelli di oggi sono buoni solo per il vaffanculo.
***
Ps: (Dopo la Gambaro parte l’operazione espulsione alla parlamentare Paola Pinna per aver rilasciato un’intervista a La7. Da segnalare al riguardo l’intervista su Tiscali al suo capogruppo Riccardo Nuti. E rimane assolutamente confermata l’ipotesi della sindrome dell’oratorio)

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