tiglio san giorgio del sannio
L’ennesimo scempio: sintesi efficace di quanto accaduto a San Giorgio del Sannio, esploso “sul più famoso social network internazionale, Facebook, moderna agorà dell’antica Grecia e sede di mobilitazione del Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia, coordinato dall’ambientalista attivista indipendente Rosanna Carpentieri”. Da qui “è partita la relativa denuncia ambientale. Le domande sono: a chi dava fastidio la chioma naturale e l’ombra odorosa dei tigli, bene comune dell’intera cittadinanza, testimonianza di ben altro amore per la natura dei nostri antenati che li hanno impiantati? Ma, soprattutto: chi si è appropriato abusivamente della legna risultante dalle efferate mutilazioni?” L’oggetto, come ben si comprende dalla nota della Carpentieri, è la cosiddetta “capitozzatura” che ha interessato “le suggestive alberate di tigli di viale Spinelli e Via dei Sanniti. E speriamo che in questa follia barbarica risparmino le sofore”, auspica Carpentieri, che spiega: “La capitozzatura sono ormai 35 anni che è esclusa dalla comunità scientifica dalle pratiche di corretta potatura di un albero, che non può ridursi ad un palo artificiale o a un antiestetico e malaticcio appendi abiti. Malgrado più di 35 anni di letteratura che ne spiegano i pericolosi effetti, la capitozzatura rimane una pratica diffusa”. Ma “la struttura naturale delle branche di un albero è un prodigio. Gli alberi hanno una moltitudine di forme e dimensioni finalizzate fondamentalmente ad una ottimale captazione della radiazione solare. Il risultato è l’infinita varietà di architetture che definiscono l’identità di ogni specie arborea e che costituiscono il carattere fondamentale della bellezza di ogni albero. 
Un albero capitozzato ha irreversibilmente perso la sua naturale architettura. Ma non solo. Un albero capitozzato è vulnerabile e predisposto a rotture e può essere pericoloso. Dal momento che la capitozzatura è riconosciuta come una pratica inaccettabile di potatura, ogni danno causato dalla caduta dei rami può essere riconosciuta come negligenza presso un tribunale. In virtù di tale scempio dagli esiti forse infausti San Giorgio ha perso l’ultimo residuo di verde pubblico ed una suggestiva galleria ombrosa e odorosa, per cedere il posto al torrido asfalto e all’invivibile traffico.
E’ questa la tutela del verde dell’attuale giunta?”, si chiede – retoricamente – la Carpentieri.
“Quei tigli – conclude – sono beni comuni: è indispensabile pertanto la coesione dei cittadini per la tutela di un territorio ferito da colate di cemento” e “da aggressioni continue e sistematiche al nostro già scarno patrimonio ambientale e paesaggistico, tenendo presente che gli alberi non sono oggetti, nè orpelli di arredamento urbano ma complessi ecosistemi viventi e che esiste un paesaggio ‘estetico’ da contemplare come tele pittoriche da inventare, ma che esso fa tutt’uno con il paesaggio ‘etico”‘ cioè quello da vivere, coessenziale alla vita umana”.