sabato 14 giugno 2014

BENEVENTO, TRE IMPORTANTISSIME INCHIESTE.

Dicembre 2013. L'ex direttore amministrativo dell'Asl di Benevento, Felice Pisapia è sotto inchiesta da parte della Procura della Repubblica per una brutta storia di false fatturazioni. Fornitori pagati senza titolo in cambio di qualche regalo.
Il Gip Flavio Cusani scrive nell'ordinanza dell'esistenza di un “ristretto direttorio politico-partitico, costruito al di fuori di ogni norma di legge, da componenti esterni all'amministrazione a cui fa riferimento il direttore generale dell'Asl nella gestione dell'ente”. Ed ancora: “Il ristretto direttorio (…) si occupava, in funzione di interessi privati e di ricerca del consenso elettorale, con modalità a dir poco deprimenti e indecorose, di ogni aspetto della gestione dell'Asl (da trasferimenti e nomine di dirigenti e primari, gare d'appalto, allocazione sul territorio di sedi Asl, rapporti con strutture e ospedali convenzionati Asl, per giungere sino a faccende spicciole come il rimediare al sequestro di latticini effettuato ad un rivenditore amico”.
Il gruppo a cui fa riferimento il magistrato avrebbe come referente politico Nunzia De Girolamo. Pisapia nel 2012 ha partecipato ad una serie di riunioni con questi soggetti, registrando di nascosto le conversazioni dove si discuteva del “governo” della sanità beneventana.
Il 14 gennaio l'ex direttore amministrativo, racconta al Pubblico Ministero le manovre per favorire la “Modisan” un'impresa vicina a Nunzia De Girolamo che aveva finanziato il congresso locale del Pdl. Racconta inoltre, di una serie di incontri svoltisi nella villa del padre di lei a San Nicola Manfredi. Il magistrato, comprende la gravità delle accuse, mentre Pisapia spera che la Procura faccia riscontri al più presto. Poi ad un certo punto, si rende conto che queste denunce non bastano, o forse per timore di essere accusato di calunnia, decide di “vuotare il sacco”. Torna in Procura e consegna le famigerate registrazioni degli incontri avvenuti nell'estate del 2013, dove Nunzia De Girolamo e i dirigenti dell'Asl discutono su come “gestire” l'azienda sanitaria locale. L'inchiesta travolge tutti, l'ex ministro seppur non indagata, si dimette il 26 gennaio (mentre altri, tipo il direttore generale Michele Rossi, stanno inchiodati alla poltrona). Su questa storia non è stata ancora scritta la parola fine.
2.
“New Bridge”, Nuovo Ponte, questo è il nome dell’operazione con cui la Polizia italiana e l’FBI hanno eseguito lo scorso 11 febbraio, oltre quaranta arresti tra l'Italia e gli Stati Uniti. L’operazione è stata eseguita da parte dagli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria e del servizio centrale operativo della polizia di Stato nelle province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Torino, Benevento, Catanzaro e a New York negli Stati Uniti. Gli inquirenti hanno smantellato una rete di stampo mafioso finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, spaccio e riciclaggio di denaro.
L’inchiesta è stata condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e firmata dai pm Paolo Sirleo, Nicola Gratteri e dal capo della procura di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho sul versante italiano, mentre sull'altra sponda dell'Atlantico hanno coordinato le operazioni i magistrati statunitensi Steven Gold, Sterling Johnson Jr., Loretta Lynch e il direttore in carica dell’FBI di New York George Venizelos.
Tra le cellule malavitose scoperte, una era presente a Montefalcone Valfortore, in contatto diretto con la n'drangheta calabrese e la famiglia Gambino di New York. Cosa ci faceva un nucleo della n'drangheta in un paese sperduto del Fortore? Erano lì solo perché uno degli affiliati risiedeva nel luogo? Negli atti dell'inchiesta si fa esplicitamente riferimento non solo allo spaccio di droga ma al tentativo di controllare i maggiori appalti pubblici nel Sannio. Questo territorio interessa a molti individui dell'ambiente criminale perché arrivano molti fondi pubblici, soprattutto europei che possono essere intercettati da tutte quelle imprese che fanno da copertura alle organizzazioni malavitose.
3.
L'ultimo clamoroso caso giudiziario in ordine di tempo che vede coinvolta la città e la provincia di Benevento è stata l'operazione “Tabula Rasa”.
Messa a segno dai Carabinieri lo scorso 19 marzo con 26 provvedimenti cautelari contro vari esponenti della criminalità campana. Le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Benevento e dalle Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, hanno colpito molti uomini appartenenti al clan Sparandeo, egemone, secondo gli investigatori, nel territorio beneventano e attivi nell'usura, il traffico di droga, le estorsioni e i danneggiamenti.
Le oltre 400 pagine dell’ordinanza, rappresentano una sorta di documento “storico” sulla criminalità beneventana degli ultimi quindici anni. Intercettazioni, riscontri a dichiarazioni di collaboratori, hanno sollevato, seppur timidamente, la coltre di omertà che aleggiava intorno a questi personaggi. Negli atti si fa riferimento anche alla connivenza con settori della politica locale nella varie amministrazioni cittadine che si sono alternate nel recente passato. Fonti confidenziali parlano di nuovi possibili sviluppi con riferimento agli episodi di compravendita di voti elettorali avvenuti nel 2006 e nel 2011.


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La tempesta giudiziaria che si è abbattuta da più di un anno su Benevento non intende placarsi. “Mani sulla città”, “Tabula Rasa” ma anche l'inchiesta ASL confermano come la città sia retta da un sistema diffuso di malaffare che infetta tutte le istituzioni e ogni luogo dove si amministra e gestisce il denaro pubblico. Questo sistema alimenta un'economia deformata e un ceto parastatale che vive di incarichi e lotta all'ultimo sangue per conquistarsi una piccola rendita di posizione.
La verità è che noi beneventani siamo troppo affezionati alle tradizioni e per questo non riusciamo a rifiutare il cliché della città “povera ma bella”, “tranquilla e vivibile”, dove tutto sommato non succedono cose eclatanti. Su questo luogo comune prolifera tutta una retorica di parole rassicuranti e menzogne raffinate.

Nelle settimane precedenti alle infuocate elezioni comunali del 14-15 maggio 2011 di Benevento non mancarono episodi strani e intimidazioni di ogni genere.
I nuovi mazzieri, alcuni rozzi altri distinti, consentirono a mediocri politicastri di acquisire ampi consensi e parimenti accrescerne l'arroganza. 
L'asservimento genera consenso drogato e viceversa.
Quelle del 2011 furono le elezioni dove vennero sovvertite le vecchie alleanze. Fausto Pepe contro Mastella che lo candidò vittorioso nel 2006, Nardone alleato di Viespoli e Mastella, Tibaldi con il centrodestra alle prese con un ambiente politico lacerato.
Un caos dove i “nuovi mazzieri” erano a proprio agio soprattutto quelli che controllavano i pacchetti di voti e si vendevano al miglior offerente. Migliaia cittadini umiliati dal bisogno e condizionati nelle scelte, accanto ad essi, la solita borghesia inutile sospesa e appesa al potente di turno, il tutto condito dallo strano patto fra alcuni esponenti del PDL (sicuro perdente) e del PD.
Poi c'erano i mazzieri rozzi, quelli che stazionavano davanti o in prossimità delle sezioni elettorali più popolose, al Rione Libertà e al Rione Ferrovia: gli elettori entravano e poi uscivano per incassare dal tizio che saldava il conto tirando fuori la mazzetta dei contanti. 
Siamo stati testimoni diretti di tali episodi. Sembrava un film, ma era la realtà.

Direte, storie vecchie che si ripetono da decenni? A voi lettori il compito di individuare i ministri della malavita…."


La corruzione secondo l'Associazione AltraBenevento Contro il Malaffare

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