sabato 27 dicembre 2014

Petizioni-Denuncia al Ministro dell'Ambiente: Salviamo le Pinete! E le essenze arboree autoctone !

Ministro dell'Ambiente: Salviamo le Pinete!

Le pinete sono una parte essenziale degli equilibri ambientali e la loro distruzione costituisce un danno per la collettività che il Ministero dell'Ambiente dovrebbe immediatamente evitare e perseguire, ai sensi del vigente Codice dell'Ambiente. 
In Toscana, così come in tutta Italia stiamo assistendo alla loro distruzione, dal taglio dei pini con le scuse più differenti per gassificarli come biomasse, alla folle eliminazione del sottobosco che le riduce da sistema-bosco a nudo gruppo di alberi. 
In Maremma sono sotto attacco tutte le pinete litoranee, persino all'interno di Siti Natura 2000, Parco Naturale della Maremma, Riserva umida Diaccia Botrona di importanza internazionale per convenzione Ramsar. Non vengono rispettate le Direttive Habitat e Direttiva Uccelli. Non vengono tutelati i corridoi biologici riconosciuti dalla Regione Toscana dei quali fanno parte tutte le pinete litoranee. Si tagliano pini ultracentenari e centinaia di ettari di sottobosco per i più vari motivi senza nemmeno un piano forestale né una preventiva identificazione e senza valutazioni di impatto ambientale. 
Le pinete sono apportatrici di benessere, di salute, di longevità e di prosperità per ogni persona ad ogni età, purché ne venga mantenuta ed esaltata la varietà e biodiversità, riducendo al minimo le intrusioni e modificazioni dell'uomo. 
Come parte essenziale del paesaggio le pinete sono un bene comune di tutti, nella proprietà collettiva sovrana del Popolo Italiano e devono e possono essere difese da ogni cittadino su ogni piano. 
Stanno scomparendo ettari di pineta e tutto ciò che nelle pinete vive dalle meravigliose orchidee selvatiche alle tartarughe di terra schiacciate ora dai cingolati nei loro rifugi invernali. E' necessario fermare subito questo scempio delle nostre pinete. 
Ci sono state lasciate dagli Etruschi, abbiamo l'obbligo di salvarle e lasciarle intatte per le future generazioni. Contribuisci con la tua firma a Salvare le Pinete!

Firma qui: 
https://secure.avaaz.org/it/petition/Ministro_dellAmbiente_Salviamo_le_Pinete/?preview=live

SALENTO: Riprendiamoci il nostro PARADISO TERRESTRE!
Le distese costiere di Lecce e l'Arneo, la vasta Maremma del Salento!


Sostiene il grande ingegnere ambientalista Oreste Caroppo:
Distese sconfinate quasi ormai di nulla e un tempo recentissimo invece foreste paradisiache con acquitrini e grandissima biodiversità, con selvaggina pregiata, cinghiali, cervi, daini, caprioli e capre selvatiche, dove il miele si raccoglieva dagli alberi su cui le api costruivano i loro alveari. Terre di tartarughe che non temevano l'aratro assassino di cui non c'era bisogno.
Alberi immensi e millenari in ogni dove, risorse silvo-agro-pastorali di ogni tipo prelevate con la giusta misura ...
... finché non si decise a furor di popolo di cancellare tutto per fame di terra, come se la terra potesse mangiarsi! Ed oggi più nulla o quasi...
A qualcuno potrà non piacere paragonare, chiamare "Maremma salentina" quelle nostre terre d'un tempo, ma è l' unico modo che abbiamo per fare capire oggi che tipologia di paesaggio avevamo e abbiam perduto. Se fosse avvenuto il contrario, la Maremma devastata e l' Arneo conservato integro, avremmo chiamato oggi, con locale orgoglio, l' antica Maremma, come l' "Arneo toscano". Ma non possiamo, non ne abbiamo più il diritto perché noi l' Arneo l'abbiamo distrutto!
Ripercorrendo quei luoghi salentini, osservando quelle distese dove la natura timidamente cerca di riprendersi gli spazi sottratti donandoci bagliori di meraviglia, riflettiamo su quello che c'era ed oggi non c'è più, per causa nostra e di nessun cataclisma naturale o sbandierato fenomeno climatico.
Pioppi bianchi, frassini palustri, ontani neri e platani orientali, querce delle tante specie pugliesi, tamerici, salici bianchi ... i boschi di pianura della vicina Lucania e Calabria ci danno ancora una timida idea della opulenza e della ricchezza di queste terre meravigliose e pittoresche.
Ma oggi, degrado paesaggistico! Tanto!
Le spiagge a nord di San Cataldo discariche a cielo aperto dove il mare restituisce lo schifo che in lui tentiamo di nascondere, e nessuno che si preoccupa di rimuovere quell'immondizia scaricata; brandelli di cemento in ogni dove offendono canali, fiumi ricchi d'acqua, gli specchi d'acqua retrodunali che potrebbero tornare ad essere quelle perle di paesaggio pittoresco e d'incanto fiabesco che erano, prima che gli alberi che in essi si specchiavano e davano ombra gradevole a tutti, fossero abbattuti senza pietà dai nostri avi criminali di cui non andar certo fieri!
Starnazzano intanto cementificatori che han costruito le loro belle case di cemento sulle dune. Vorrebbero servizi urbani da metropoli lì, invece di avere l'umiltà che si conviene a chi vive in un luogo che ha sfregiato, in un paradiso potenziale, circondato dalla natura che tenta di riprendersi i suoi spazi e con la quale bisognerebbe invece cercare di vivere in maggiore armonia e rispetto anche lì.
L' onta degli avi non è su di noi, o non è solo su di noi anche con le sue negative conseguenze, ma è innanzitutto visibile nel nostro paesaggio quotidiano vergognosamente sfregiato. Un' onta che possiamo e dobbiamo iniziare a cancellare tornando su quei luoghi, studiando dalle carte, dai testi e dagli studi del passato ciò che vi era in natura, e abbiamo perduto, e lo sappiamo!
In qualche anfratto, lì, ancora vive qualche antica specie, ma tanto possiamo prendere da aree prossime dove l'opera di distruzione è stata meno olocaustica, come in Lucania, come in Calabria, come sulle sponde Balcaniche greche immediatamente al di là del Canale d'Otranto.
Pini marittimi, pini d'Aleppo, pini domestici ad ombrello, frassini ossifilli, carpini neri e carpini orientali, ontani neri e napoletani, pioppi bianchi e pioppi neri ma in purezza, come platani orientali anch'essi in purezza, aceri campestri, aceri napoletani, aceri minori, salici bianchi, eccetera, eccetera; piante tipiche del Sud Italia e dunque nostrane, autoctone per noi, lembo orientale del chersoneso italico, senza le frontiere che non esistono ma che vi vorrebbero imporre i puristi del nulla, che sarebbero capaci di criticare l'importazione di un albero dalla costa ionica della Lucania o dalla valle dell'Ofanto o dal Gargano, dicendolo specie esotica al Salento! Si certo, al Salento di oggi, dove tutto o quasi è stato distrutto, annientato ... per poi ritrovare le stesse persone sedute in convegni imbonitori organizzati da maledette corrotte associazioni di categoria agricola, veri covi dei mali di corruzione e tradimento territoriale dei nostri tempi, per sponsorizzare colture di mais, di colza, di girasoli, colture brevettate e persino piante OGM, gli organismi mostruosi geneticamente modificati, in nome del profitto delle biomasse da produrre con l'agro-chimica industriale e da bruciare per produrre inquinante lucrosa energia elettrica in surplus. Pensiamo che ancora si continua per inerzia commerciale a produrre nel Salento vite americana come portainnesto (barbatelle) con la scusa di patogeni della nostra vite mediterranea, mentre sarebbe ormai ora di tentare di ripiantare quest'ultima, dai suoi cloni più resistenti, sulla sua naturale radice in questa sua millenaria terra Mediterranea. Tante viti mediterranee nei nostri più antichi giardini crescono indisturbate sulle loro naturali radici senza esotici portainnesto!
E intanto corrotti agronomi regionali stanno operando per vietarci di piantare le nostre piante odierne e antiche, selvatiche e domestiche, con la scusa di nuovi patogeni, (la povera e mistificata Xylella in questo caso), cavallo di Troia per frodi d'ogni tipo. E strumentalizzano ogni scusa per fare tagliare alberi in ogni dove e d'ogni specie per appaltucci facili e biomassa a costo zero.
Sconfiniamoli nel limbo del loro stesso male.
Avviamo una politica partecipata da tutti, proprietari, amministratori e cittadini.
Riportiamo un paradiso vivo e pittoresco in quelle terre in ogni dove. 
Decementificazione, restauro paesaggistico, ingegneria naturalistica, rinaturalizzazione, riforestazione, architettura tipica locale, muretti a secco e staccionate e ponti in legno o in pietra al posto del cemento.
Si può fare e basta poco, e ce lo ha dimostrato il ritorno dei magnifici Fenicotteri rosa nella Salina dei Monaci a Torre Colimena, dopo il suo recupero e la recente cancellazione dell'asfalto che era stato steso sulle dune!
Ed oggi attendiamo anche il ritorno, perché vi passino l' inverno, dei Cigni reali nei nostri bacini costieri!
Si può fare, e ce lo dimostrano i grandi interventi di parziale rimboschimento costiero, le pinete piantate da uno Stato, che, nei primi del Novecento, si rese in parte conto dei suoi errori e dei danni conseguenti dei disboscamenti scriteriati post-unitari e che ancora continuavano, e corse ai ripari. Pinete provvidenziali per le quali c'è stato chi persino ho osato muovere delle critiche, non tanto e non solo per le piante alloctone che furono utilizzate, ma anche e soprattutto definendo come "esotiche", "aliene" al Salento e persino invasive, quelle conifere mediterranea che in gran numero, e per fotuna prioritariamente in quegli interventi si utilizzano: il pino d'Aleppo (pino di Gerusalemme anche chiamato), il pino marittimo (Pinus pinaster), il pino domestico Italico ad ombrello e da pinoli (Pinus pinea), e il cipresso Mediterraneo sempreverde nelle sue due varietà naturali, la piramidale e la orizzontale. Tutte queste conifere rappresentano la base solida di quei rimboschimenti provvidenziali, ma ancora parziali, ed oggi aggrediti da devastanti "tarli" umani, che ne vorrebbero solo far legna e suolo libero per vari speculazioni danneggia-paesaggio!
Conifere, quelle citate, addirittura definite "aliene" al Salento: nulla di più falso, di più menzognero, di più infondato dal punto di vista scientifico e storico!
Tanti dati smentiscono e ci affermano il contrario, e così ricordiamo che già alla sua epoca, nei primi dell'Ottocento, il grande botanico e medico Martino Marinosci di Martina Franca vedeva, come scrisse, i pini marittimi e i pini domestici insieme ai pini d'Aleppo, nelle pinete costiere tarantine, e poi il pino d'Aleppo studi scientifici pollinici recenti ci dicono già presente nell'area costiera tra Salento e Lucania in epoca ellenistica, e poi le fonti antiche di scrittori quali il latino Plinio il Vecchio che ci ricorda che alla sua epoca i Romani chiamavano il cipresso sempreverde Mediterraneo l'albero "Tarantino", fino a giungere allo studioso salentino vissuto tra '800 e '900 Cosimo De Giorgi che descriveva nei suoi scritti le grandi chiome ad ombrello dei pini domestici che vedeva innalzarsi al di sopra delle brune chiome in autunno delle querce della foresta Belvedere a Supersano. E persino tra i legni fossili repertati archeologicamente in Grotta Romanelli a Castro (Lecce), e risalenti all' epoca Paleolitica, si son ritrovati campioni attribuibili proprio al genere Pinus!
E mentre puristi del nulla muovono queste critiche infondate e pericolose intanto il leccio e altre piante della macchia mediterranea si diffondono tra i pini costieri e grazie a quell' input dato dall'uomo, che ripiantò nel '900 quelle conifere, la Natura ricostruisce la sua foresta mista mediterranea planiziale costiera e talvolta anche igrofila (ovvero di piante amanti dell'acqua)!
Son tornati, grazie a Dio, pare, anche alcuni Cinghiali nelle zone di Lecce, animale della Provvidenza e dalle mille risorse anche alimentari per l'uomo, diffusore naturale delle spore dei tartufi ... e ci son stati i puristi del nulla capaci anche lì di lamentarsi perché cinghiali introdotti dai cacciatori geneticamente provenienti dal centro Europa. Puristi del nulla: di fronte alla scomparsa del locale cinghiale quale cosa più giusta se non introdurlo da aree prossime continentali in cui ancora vive, la specie è la stessa! Così, roba ridicola, anziché farne salsicce succulente nel rispetto numerico della specie che deve sempre essere in grado di riprodursi e mantenere un buon numero di capi nel territorio, ci son stati persino operatori agricoli che hanno gridato al disastro, al danneggiamento ingigantito delle colture, mistificando ogni cosa pur di chiedere incentivi e stragi di quegli animali tornati semplicemente a casa loro.
C'è poi chi ha paura del cinghiale... Santo Iddio, basta non avvicinarsi ai cuccioli per evitare aggressioni difensive da parte delle madri suine, o orse che siano!
Era la Foresta di Lecce. Qualcosa ancora resta nel boschetto di Rauccio e così suggestioni forestali si ammirano nell'Oasi naturale delle Cesine. Ma dobbiamo accontentarci di questo? Di boschettini recintati per il pic nic della domenica? Oasi tutelate dove alcune associazioni ambientaliste che le gestiscono ormai si son trincerate dentro addensando progettini su progettini finanziati, tra loro a volte persino contraddittori, dimenticandosi di tutto il resto del mondo e dei suoi problemi ambientali!
Oasi appunto le chiamiamo, luoghi belli in un deserto!
Ma quel deserto Salentino prima non c'era; è un deserto innaturale e artificiale, errore storico politico sociale e persino economico da cancellare agendo nel paesaggio di nuovo, ma questa volta in bene e tutti quanti; e non per denaro, sebbene anche potranno essere queste delle politiche finanziabili perché giuste e di "pubblica utilità" vera e non mistificata, come spesso mistificato è l'attributo di "pubblica utilità" dato oggi in maniera inflazionata a tanti devastanti interventi a fondi pubblici!
Le oasi sono importanti, sono state e lo saranno importanti, aree di maggiore tutela contro la pratica venatoria, e dunque delle arche di Noè e di buone pratiche, ma dalle quali specie animali e vegetali e buone pratiche devono essere esportate fuori, in quei circostanti deserti artificiali da ritrasformare in estesi paradisi.
Viviamo ancora il paradosso della malaria, le nostre aree costiere, paludose per loro natura, dette in passato a ritmo battente malariche, malsane e per questo, ed in tal modo, legittimandone la distruzione ... o in tal modo anche l'esproprio del latifondo?!
Eppur qualcosa sfugge, sfugge dal punto di vista medico e sanitario. Le paludi in realtà del tutto non son mai state cancellate e neppure le zanzare, e l'attacco con i pesticidi contro le zanzare anofele legate alla malaria, e con altri metodi, non era certamente mirato contro quella sola specie di zanzara!
Tonnellate di nocivo DDT gettato in ogni dove, ed ancor oggi sue tracce si ritrovano in quasi tutte le analisi chimiche delle acque di falda nel Salento. I salentini avevano evoluto strategie genetiche di difesa nei confronti del plasmodio della malaria trasmesso dalla zanzara anofele attraverso le talassemie, c'è anche da ricordare ... ed oggi di fronte a questi quesiti nebulosi di storia sanitaria, mi chiedo: quanti invece sono periti nei decenni successivi a causa delle, prima ignote con i tassi odierni, epidemie di cancro, causate anche da quelle tonnellate di pesticida cancerogeno DDT, sversato scriteriatamente!?
Quanti falsi concetti assorbiti acriticamente da noi tutti, quanta scarsa memoria storica nel nostro territorio che esalta il fanatismo della fame di terra delle lotte contadine, sì contro l'ingiusto latifondo, ma anche e soprattutto lotte stupide contro la natura del Salento, che dava doni d'ogni tipo, tantissima selvaggina, legno, miele, pescato, ostriche, formaggio, funghi, tartufi, ecc. ecc. ecc., senza nulla chiedere in cambio, se non equilibrio e misura nel prelievo dei suoi doni!
C'è a chi, speculatori e traditori, fa comodo che si continui a guardare a quelle terre, nei fatti potenziali paradisi di nuovo, come invece distese irreversibili di nulla, lì dove oggi almeno i canneti danno dignità alla terra in cui noi salentini la dignità l'abbiamo perduta.
Gente meschina che ambisce a cementificazioni facili lì con la bandiera strumentalizzata del turismo, del golf addirittura, e poi persino chi ancor più maledetto vi vorrebbe far approdare il gasdotto Tap per incubi di industrializzazione che dobbiamo lì e altrove scongiurare alla radice.
C'è chi adduce poi inquinamenti a causa della presenza di campi di tiro militari; di certo avranno un impatto, non lo nego certo, ma quell' uso militare paradossalmente e per fortuna ha preservato vaste aree da altri insediamenti ben più devastanti e più difficilmente reversibili.
Chi deve oggi operare per risanare, per far sì che siano risanati in paesaggio, ricostruiti questi nostri Paradisi?
Innanzitutto chi li Ama!
Se leggendo queste righe senti il mio stesso sogno, la mia stessa indignazione, le mie stesse speranze per quelle aree, allora tu sei già un loro custode, e dalla Terra stessa avrai l'energia e la forza per far sì che quelle contrade tornino il Paradiso che erano, irradiando del tuo entusiasmo contagioso la gente che ti sta attorno!
Nel Parco dei Paduli dell'antica Foresta Belvedere nel cuore del basso Salento, tanti giovani oggi sentono queste esigenze e operano in queste direzioni virtuose di Rinascita vera del Territorio. Stesse esigenze si avvertono e diffondono nella Valle del Canale Asso, e così in altre contrade.
Non possiamo lasciarne fuori assolutamente i vasti territori di Arneo e delle aree costiere che si estendono da Lecce sin verso il mare Adriatico e più a nord fino a Trepuzzi e Squinzano.
Agricoltura biologica tra le foreste che dobbiamo fare rinascere, la produzione di liquirizia, di dolce manna del frassino orniello, di sughero, di fibre di canapa, di pistacchi innestati su terebinto, accanto al buon olio e al buon vino, ecc. Mandrie di nobili mucche podoliche pugliesi dal forte zoccolo, eco genetico maestoso degli antichi uri della nostra preistoria più recente del Quaternario, per la produzione di pregiato caciocavallo e non solo; bufale mediterranee amanti degli ambienti acquitrinosi per ottimizzare in natura la redditività di quelle terre, per produrre ottima mozzarella di bufala pugliese, grazie ai cugini campani che hanno allevato e conservato nel tempo, come in un' oasi, in Campania, questo pregiato animale semi-selvatico della storia agricola del nostro Sud italico e della nostra stessa Apulia; bufale già introdotte con grande successo a Calimera nei pressi di Lecce; e poi di nuovo cervi, daini e caprioli, ma anche mufloni e capre selvatiche, e le domestiche capre ioniche e le pecore mosce leccesi, e scoiattoli della specie e varietà del Sud che ancora nell'800 saltellavano tra i rami degli alberi di Arneo, come ci hanno trasmesso gli studiosi locali, istrici (di cui l'amico forestale Sandro D'Alessandro mi disse che trovò anni fa ancora un aculeo nelle Cesine), i camaleonti europei che ancora vivono in Arneo, lepri delle due specie Italiche (la comune e la corsicana), conigli selvatici, lontre nei bacini, eccetera, eccetera, eccetera. Simboli vivi nel paesaggio rinato, ripopolato, riverdeggiato, di un paradiso produttivo che torna a nutrirci nel corpo e nell'anima; simboli della sconfitta della biofobia suicida, e di RINASCITA in cultura, in bellezza, in ricchezza vera ed in salute!
Torniamo a rioccupare quelle terre nostre, prima che altri rivendichino diritti di morte e distruzione. Occupiamole ma non con forconi o falci in mano, strumenti tutti importanti e simbolici ma che vanno via con noi da quelle terre quando torniamo alle nostre dimore; occupiamo quelle terre momentaneamente per piantare alberi le cui radici lì resteranno anche quando noi ci saremo momentaneamente allontanati, e in quelle terre lavoreranno per noi tutti alla ricostruzione del paradiso, e così della dignità e dell'onore che con quel paradiso abbiamo perduto, prima ancora della nostra salute e qualità di vita che ad esso era legata!

Da parte sua, il Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia di San Giorgio del Sannio, guidato dalla coordinatrice Rosanna Carpentieri, ha lanciato un altro grido d'allarme:

Fermate le disastrose e mortifere politiche di consumo di territorio, bonificando, decementificando e deasfaltizzando le aree contaminate e desertificate artificialmente fino ad oggi.Sì alla riforestazione e alla diffusione di essenze arboree autoctone.

LA DENUNCIA :
NEI VIVAI REGIONALI DELLA PROVINCIA DI BENEVENTO E' PRATICAMENTE INTROVABILE L'ALBERO DI CIPRO, OVVERO IL CIPRESSO MEDITERRANEO PER ANTONOMASIA SOSTITUITO CON L'ARIZONICA O IL MACROCARPA ! PERCHE' ?
LIMITI DELLA LEGISLAZIONE REGIONALE SULLA ATTRIBUZIONE DI ESSENZE PER LA RIFORESTAZIONE
Il Salento ha rappresentato per noi una virtuosa avanguardia nel campo ambientale.
Dopo gli interventi di disboscamento forsennato dell'Ottocento più d'uno capì che su quella strada per il Salento non c'era più futuro e tanti eroi piantarono quel verde arboreo che oggi tanti criminali: agronomi e amministratori insieme stanno distruggendo e cancellando ovunque per interessi speculativi legati alle biomasse e agli appalti facili. Nel 1953 a Portoselvaggio tanti uomini piantarono più di centomila alberi. E per fortuna inoltre, in quei rimboschimenti si optò per l'uso abbondante e prioritario di una pianta perfettamente mediterranea e che caratterizzava le pinete costiere di Puglia e di Lucania, nonché del Molise e Abruzzo, da epoche immemori: il cosiddetto Pino di Gerusalemme anche chiamato Pino d'Aleppo (Pinus halepensis).
Gente volgare oggi tenta di spacciare questa essenza arborea dal profumo balsamico e dal valore antisettico per una sorta di pianta esotica alloctona per favorirne la eliminazione speculativa attraverso questa mistificazione falso scientifica. Gli studi pollinici dicono presente il pino d'Aleppo già in età ellenistica tra Tarantino e Lucania. Nelle pinete naturali ottocentesche del tarantino il botanico Martino Marinosci di Martina, già nei primi dell'Ottocento, segnalava, la presenza del Pino d'Aleppo, come del Pino marittimo (Pinus pinaster), e del Pino domestico (Pinus pinea). Così nei rimboschimenti del Salento dei primi del '900, documentati da questa foto, si optò anche per fortuna per l'uso di un'altra stupenda pianta mediterranea: il Cipresso Mediterraneo (Cupressus sempervirens), tanto nella sua varietà orizzontale quanto in quella piramidale-colonnare, l'albero di Cipro, come recita il suo nome tipico dell'isola cipriota, come dell' Isola di Creta, come del Salento in epoca greco-romana, tanto che, come pochi ancora sanno, lo studioso latino Plinio il Vecchio lo ricordava come l'albero che i Romani chiamavano "Tarantino"!
Altro che cipresso "toscano" ! A riguardo l'ignoranza tocca l'apice.
Purtroppo ci corre obbligo di segnalare con viva indignazione e protesta che i vivai regionali della Provincia di Benevento non riproducono da anni il cipresso mediterraneo per antonomasia, ovvero il cupressus sempervirens e che personale dipendente della Regione- Settore Agricoltura e Foreste, evidentemente poco esperto di botanica e di essenze arboree, tenta di rimpiazzarlo ai cittadini virtuosi richiedenti con gli alloctoni -udite, udite- "c.arizonica" e/o "c.macrocarpa", quest'ultimo originario della California.
A fronte della ricchezza del patrimonio vegetale mediterraneo, riteniamo ciò una autentica vergogna, di cui chiediamo spiegazioni per iscritto alla Regione Campania.
Opportuno sarebbe che gli uffici della Regione dislocate nelle varie province tengano presenti, nell'evadere le richieste di assegnazione di piantine forestali, di tutti i vivai regionali, senza ridicole limitazioni territoriali confinate alla singola Provincia!
A conferma di quanto denunciamo, pubblichiamo il link dei vivai forestali della Regione Campania.
A tutte le Autorità cui è indirizzata la nostra lettera vogliamo far presente con viva deteminazione che l'unica infrastruttura di cui ha bisogno San Giorgio del Sannio è il verde ed i Grandi Boschi, pubblici e privati, senza che l’elemento bosco sia visto come in un aut-aut con l’agricoltura, o con la presenza urbana.! No a scempi e devastazioni del territorio nella Piana di San Giovanni, per esempio !
Non vogliamo altre strade in territori vergini o che consumano altro suolo.
Sì, solo ad interventi infrastrutturali che migliorano infrastrutture esistenti.
Ma non  accetteremo mai più il consumo di altro suolo integro, naturale e rurale, per nessuna altra "cattedrale nel deserto" o lottizzazioni p.i.p. fotocopia e ridondanti, per non dire pedestri e scriteriate !
Se il vitale tessuto connettivo forestale di questa terra - in cui esiste una contrada che non a caso si chiama "Cesine"- è stato depauperato all’inverosimile, non si deve ai cosiddetti “cambiamenti climatici” o a qualche altro effetto naturale, ma solo e soltanto all’azione devastatrice dell’uomo, alla barbarie della motosega indiscriminata e impunita, alle lottizzazioni speculative e affaristiche, all’avidità di denaro facile, alla colonizzazione e svendita del territorio. 
Un “imperativo categorico” irrinunciabile e non più procrastinabile del nostro territorio e della sua gestione ed amministrazione, è quello della “Riforestazione” e “Rinaturalizzazione” con essenze autoctone e reintroduzione delle specie botaniche recentemente scomparse, a seconda dei casi previa “Bonifica” dei luoghi dal cemento ! 
Un imperativo che, come con stupore ognuno di noi può notare, è scomparso dall’agenda della politica locale (e nazionale) da decenni;  scomparso dal mondo dell’informazione; scomparso dalla nostra memoria: …unica vera infrastruttura prioritaria e vitale contro cui nessun cittadino in buona fede, o sano di mente, avrà mai nulla da eccepirvi ! Un’infrastruttura la cui ricostruzione, attraverso un massiccio intervento statale e regionale, costituisce un fattore strategico di sviluppo e di benessere autentico  nonché una notevole occasione di impiego e lavoro per numerosissimi giovani ed imprese locali.
Ma gli ambientalisti veri, i naturalisti, i botanici, chi di verde nutre la propria anima e gli attivisti del comitato civico oggi, contro la famelica antropofaga foga speculativa che domina quasi ogni atto amministrativo , vogliono e chiedono, con forza e determinazione, di riportare nella prima pagina dell’agenda di ogni istituzione territoriale  che voglia ancora sperare nella “credibilità” agli occhi dei cittadini, il più grande dei bisogni di questa terra: vasti boschi pubblici e l’incentivazione massima dei rimboschimenti dei suoli dei privati ! Basta con la cementificazione !
Rosanna Carpentieri
per il Comitato Cittadini per la Trasparenza e la Democrazia e per il Comitato di Rimboschimento Il popolo degli Alberi e dei Giardini
Specifiche richieste :
All’attenzione della Commissione Europea: a partire dalla costituzione della Banca Mondiale a Washington (accordi di Bretton Wood) uno dei primi obiettivi fu quello di riportare ricchezza nelle regioni meridionali italiane, greche, ungheresi, bulgare, al fine di garantire benessere diffuso e serenità sociale; tra le strategie per conseguire questo scopo, uno dei progetti più importanti prevedeva proprio la riforestazione mediante la piantumazione massiccia di piante autoctone, ma non fu mai portato a termine! 
Il paradosso è che se ogni giorno sul Financial Times o sul The Guardian si parla di riforestazione inglese per combattere il “climate change”, non si riesce a capire come sia possibile che gli amministratori italiani ignorino del tutto l’argomento. Non un solo convegno è stato organizzato a Benevento, a San Giorgio del Sannio o in Campania dagli enti istituzionali per illustrare gli incentivi pubblici, esistenti, anche alla luce del Protocollo di Kyoto, per quei proprietari terrieri che volessero rimboschire o rinaturalizzare i terreni di loro proprietà, mentre la politica locale ha al contrario favorito un processo innaturale e aberrante di edificazione dei suoli o di inquinamento dei terreni agricoli con orrendi capannoni commerciali, oppure -in provincia- con l'eolico e il fotovoltaico selvaggi che ha generato una speculazione da Green Economy dagli effetti devastanti, sia dal punto di vista ambientale, sia della legalità, insostenibile economicamente ed ecologicamente, portando a forme vere e proprie di neo-colonialismo, con l’arrivo di multinazionali e ditte da ogni parte del globo interessate ai lauti incentivi pubblici disponibili per queste produzioni d’energia. Una speculazione, in un mercato drogato di rapina, che deve essere fermata, bonificando i terreni così ignominosamente alterati e favorendo invece l’ubicazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti degli edifici a favore dell’autoproduzione ed autoconsumo dell’energia elettrica da fonte rinnovabile da parte degli utenti; il modello della micro-generazione diffusa dell’energia rinnovabile a impatto veramente zero, contro il modello accentrato e monopolistico industriale  tanti danni  causa al territorio.
La riforestazione ha poi anche un valore storico-sociale, nonché economico, di riscatto del meridione, per superare la retorica della cosiddetta “questione meridionale”, ponendo fine alla corsa vacua volta al raggiungimento da parte del Sud di standard propri di altre realtà, ma che non appartengono e non devono appartenere al Sud, connotato da altri e differenti fulcri economici e peculiarità. In tale contesto la “riforestazione”, nella forma moderna “partecipata e razionale” qui prospettata, ha in sé anche un imperativo di riscatto anticoloniale, dato che fu dopo l’Unità d’Italia, inizi seconda metà del ‘800, che le foreste subirono la definitiva accelerata volta alla loro quasi totale distruzione, al fine di fornire legno e carbone per le esigenze di “sviluppo vorace” di altre realtà extra-meridionali, con la conseguente rottura definitiva degli equilibri millenari uomo-natura  e il passaggio verso economie agricole da vero e proprio territorio colonizzato, pur se appartenente alla stessa nazione: aspetto quest’ultimo che ne ha stemperato l’intrinseca conseguente miseria, drammaticità e dipendenza forte da dinamiche e volontà esterne, un’economia decapitata di ogni auto-determinazione locale, che oggi è invece necessario favorire.

Richiesta specifica al Governo Italiano: al Governo si chiede di orientare nel sud deforestato barbaramente quei progetti di piantumazione di migliaia di alberi, promessi dal Presidente del Consiglio all’Italia sulla scorta dell'appello dell'Onu che proclamò il 2011 Anno internazionale delle foreste. Vi risultano in merito decreti attuativi ? A noi no !

Richiesta specifica alla Regione Campania: alla Regione Campania si richiede che la maggior parte dei progetti e dei finanziamenti che saranno elargiti in seno al Piano Paesaggistico Territoriale Regionale siano indirizzati proprio verso quelle idee progettuali volte alla rinaturalizzazione-bonifica del territorio e alla riforestazione razionale, con le essenze autoctone (con la piantumazione di querce ed altre piante micorrizate per la produzione di funghi e tartufi o della Quercia da sughero per la produzione del sughero o della dolce manna dal Frassino orno, etc.) ; essenze autoctone prodotte ed assegnate ai privati richiedenti da tutti i vivai regionali, senza inaccettabili limitazioni territoriali e senza scelte che attentano di fatto al necessario rispetto della biodiversità e del genius loci. 
Così come, i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) devono promuovere e privilegiare quei progetti che prevedono il recupero di colture e cultivar  tipiche del meridione d’Italia, e le filosofie di pratica agricola ispirate alla massima salubrità e rientranti nella grande famiglia del cosiddetto “biologico”.
Interventi da accompagnare con azioni di urgente riqualificazione paesaggistica - incentivata e promossa - volta a favorire le architetture che riprendono tecniche, materiali, forme e stili tipici della ruralità locale nonchè il recupero del genius loci ed il restauro dell’esistente (laddove ancora esistente (!), come a titolo di esempio, l'antica casa colonica del '700 nella storica contrada Cerzone nel Comune di San Giorgio del Sannio !).




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