venerdì 5 giugno 2015

La CORRUZIONE resta impunita e come tale, modifica anche la Costituzione

Il pm Nino Di Matteo, titolare dell'inchiesta sulla trattativa stato-mafia, ha presentato a Roma con il coautore Salvo Palazzolo il libro "Collusi"; sottotitolo: "perché uomini delle istituzioni e manager continuano a trattare con la mafia"
Dice Di Matteo: «Su oltre 60 mila detenuti – ha detto – solo poche decine scontano pene per corruzione. Il sistema finora ha garantito impunità attraverso la prescrizione dei reati.»
Una strada tutta in salita quella della lotta alla mafia e alla corruzione. Tanto più che al momento in Parlamento ci sono «politici condannati che cambiano la Costituzione» !
Da Narcomafie del 13-05-2015
«Il sistema finora ha garantito impunità attraverso la prescrizione dei reati. Io come tutti i cittadini, mi aspetto fatti e non parole». Ieri (martedì 12) alla Residenza di Ripetta, a Roma, il Pm Nino Di Matteo, che ha indagato sulla trattativa stato-mafia, e il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo hanno presentato il libro “Collusi”.

Dalle parole del Pm è emerso come sia necessario e imprescindibile interrogarsi sull’esercizio del potere mafioso e quello dello Stato. Come anche importante sarebbe capire quali siano le connessioni e come si possa recidere il legame tra i due poteri che è la “conditio sine qua non” per sconfiggere le mafie. Di Matteo si è anche augurato che il Ddl anticorruzione non sia «un palliativo rispetto al male». Aggiungendo che «corruzione e mafia non sono fattori distinti, ma facce della stessa medaglia».

Una strada tutta in salita quella della lotta alla mafia e alla corruzione. Tanto più che al momento in Parlamento ci sono «politici condannati che cambiano la Costituzione», e vige quasi «l’immunità per la corruzione». Per non parlare poi di indagini, come quelle sulla trattativa Stato mafia, spesso considerate un fastidio più che un dovere.

Don Luigi Ciotti, presidente di Libera e del Gruppo Abele, presente all’iniziativa, è intervenuto riflettendo sui problemi legati alle attività che ricadono sotto la definizione “ombrello” di antimafia: «La parola antimafia? Cambiamola. L’antimafia è un problema di coscienza, non una carta d’identità. Ci sono mafiosi che fanno gli antimafiosi, c’è di tutto. […] Dobbiamo stare molto attenti. I mafiosi provano a infilarsi e a confondere. In Calabria poche ore fa hanno distrutto una nostra cooperativa tagliando ulivi secolari». Tanti gli argomenti trattati da Ciotti. «Sugli ecoreati – ha detto – si faccia in fretta, da 20 anni organizzazioni combattono per questo tema. Vogliamo farla la lotta alla mafia o no?».


Altra carne al fuoco per Di Matteo che ha immediatamente ribadito alcuni concetti. «Il dubbio che mi attanaglia è: “Oggi queste indagini sono sentite come necessarie dallo Stato? O sono percepite come un fastidio, un retaggio inutile, una fissazione di magistrati complottisti e acchiappa nuvole?”. L’allora premier Berlusconi parlò di una perdita di tempo e di spreco di risorse pubbliche. Io non mi rassegno al fatto che quel messaggio abbia raggiunto l’obiettivo. Abbiamo bisogno di capire e approfondire, è essenziale per la nostra democrazia».

Quindi il tema della corruzione: «Su oltre 60 mila detenuti – ha detto – solo poche decine scontano pene per corruzione. Il sistema finora ha garantito impunità attraverso la prescrizione dei reati. Io come tutti i cittadini, ci aspettiamo fatti e non parole». Rispondendo ad una domanda su magistrati “prestati” alla politica, infine, Di Matteo ha detto: «Il passaggio ci può essere e deve essere consentito ma deve essere definitivo. Se un magistrato ricopre ruoli politici difficilmente potrà apparire imparziale». 


Corruzione. Trovato l’inganno, fatta la legge


Anna Lombroso per il Simplicissimus
Eh sì, non posso farci niente, mi hanno disegnato così. Pare dire Renzi mentre sfodera quella sua tracotante albagia, quell’aria sbrigativa da “meninpippo di voi”,  mi importa soltanto di portare a casa i risultati, uno su tutti, la mia permanenza al potere, le rendite di posizione e i privilegi che assicura. Non si fa scrupolo perciò di fare da coach a un Parlamento retrocesso a condizioni di subalternità e a funzioni notarili, in modo che licenzi come gli impiegati delle poste di un tempo, con un timbro, le sue “riforme” prima delle elezioni.
E così svelti svelti, dopo più di due anni, per la precisione a  797 giorni dalla sua presentazione con la firma dell’allora senatore Pietro Grasso, i deputati hanno approvato il ddl detto “anticorruzione”.
Non sono solita fare copia-incolla con i post che con frequenza più che mensile ho dedicato a questo tema,  anche se la tentazione è forte. Non sono un tecnico, quindi vi risparmio e mi risparmio una lettura articolo per articolo, comma per comma. Certo è che va riconosciuto a questo governo una poderosa forza di persuasione, esercitata in virtù della supposta mancanza di alternative che dovrebbe convincerci che il suo annunciare noto e risaputo, i suoi “pacchi”, i suoi vasi di Pandora di iniquità, siano meglio di qualcosa d’altro ignoto e sorprendente, di misure che rovescino il tavolo che pende da una parte sola, di azioni che possano davvero cambiare le regole e le consuetudini, nostre e della classe politica.
Così tutti festeggiano, compreso il Csm, tutti spargono incenso e mirra su un provvedimento che ha l’unica funzione di darci un po’ di guazza, di mettere un cerotto con un po’ di propaganda all’antipolitica, in attesa di metterlo sulle intercettazione, in rete, ai blog, agli insegnanti, ai lavoratori. Si lo so, adesso qualcuno dirà che non mi va bene niente. Il fatto è che non va bene niente, a cominciare dal  pubblicizzato restyling del falso bilancio, che dovrebbe entusiasmarci perché manda in soffitta la legge ad personam del governo Berlusconi e che cancella le soglie di non punibilità per i trucchetti contabili minori,  innalza le pene per il falso in bilancio e per   alcune tipologie di reati di corruzione, quelli in atti giudiziari, per induzione, peculato e corruzione propria.
Appunto, il gioco di prestigio non fa parte soltanto del bagaglio dei falsari di bilancio, ma anche di quelli del governo e delle forze politiche a vario titolo “interessate”, con l’esclusione di Forza Italia e della Lega che possono vantare formidabili meccanismi di rimozione dei loro reati, e dei 5Stelle cui va riconosciuta una indiscutibile lealtà al tema, che hanno adottato la tecnica legislativa della polvere negli occhi dell’inasprimento delle pene per non mettere mano alla legge sulla prescrizione, con il rischio    calcolatissimo che si  brucino  innumerevoli processi, soprattutto in questa materia, dove la scoperta del fatto avviene ad anni di distanza dalla sua commissione. Allo stesso modo si è scelto di non intervenire  sulla voluntary disclosure, la normativa che sana i capitali in nero in seguito alla loro denuncia al fisco,  garantendo così una benevola opacità sulle operazioni di riciclaggio e su gran parte delle transazioni economiche legate a vicende corruttive.
Il premier si è vantato: con questo legge cambiamo l’Italia e chissà quante figurine ci fa dando indietro un Paese che si fa prendere per il naso da un provvedimento occasionale, promozionale come uno spot, che mette una pezza peggio dei buchi.  
Che forse la lotta alla corruzione non aveva bisogno di un articolato ad hoc, ma invece di leggi che garantiscano la trasparenza degli appalti, misure per contrastare riciclaggio e evasione, la revisione della materia della concussione, “spacchettata” dalla Severino, e soprattutto quella della prescrizione.
Ma non basta: bisognerebbe cancellare quelle norme di semplificazione che hanno smantellato la rete, giù esposta e vulnerabile, dei controlli e della sorveglianza, sotterrare lo Sblocca Italia che esaspererà i danni già prodotti dall’urbanistica contrattata, che svuota i poteri e le autonomie locali, dando spazio infinito alle modalità di lottizzazione proprietaria, far crollare i colossi dell’emergenza dai piedi di argilla, quelli che permettono regimi commissariamenti e leggi speciali grazie ai quali la corruzione, le alleanze opache, le cordate dei soliti noti raggiungono risultati eccezionali.
Si, si dovrebbe fare così, ma per rendere conveniente l’onestà, per ridare competitività alla trasparenza, per scardinare gli ingranaggi dell’interazione tra affari e politica, per togliere attrattiva alle scorciatoie, ci vuole ben altro, bisognerebbe restituire sicurezza, garanzie e diritti, senza i quali tutto è discrezionale e arbitrario, bisognerebbe togliere legittimità agli espedienti diventati strumento di difesa dalla precarietà, dalla sfiducia, dal distacco dalla partecipazione, bisognerebbe interrompere i processi dinastici e familistici che rinnovano i privilegi e gli accessi. Insomma, bisognerebbe praticare uguaglianza, libertà e solidarietà, i soli antidoti alla corruzione economica e morale.

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