giovedì 5 novembre 2015

Aggiornamenti sui risvolti giudiziari del maxi incendio del capannone Barletta a San Giorgio del Sannio (BN)

I Barletta non hanno ancora risarcito i dirimpettai del capannone andato in fiamme. Perchè?
E’ dal 17 ottobre 2014, previo gotha sul posto dell’Ufficio Tecnico Comunale in persona dell’Ing. Mario FONZO e dell’Assessore all’Urbanistica Felice BARRICELLA ed altri, e successivo rilievo planimetrico di personale non identificato, che sono in corso anomali lavori con rumoroso martello pneumatico di rimozione del manto di asfalto sul sito contaminato dal maxi incendio del 23 maggio 2009 e mai divenuto oggetto di BONIFICA, malgrado le prescrizioni dell’Agenzia di Protezione Ambientale cui si addivenne nella seconda conferenza dei servizi-farsa o Tavolo Interistituzionale del 05/10/2009, cioè ben cinque mesi dopo l’evento incendiario.
La prima conferenza dei servizi cui partecipò l’Arpac e Pinocchio, il Gatto e la Volpe (ovvero Barletta e il Sindaco, ora rinviati a giudizio) si concluse con una ordinanza di demolizione del capannone, ma non -com’era logico e prescritto dalla legge- con la caratterizzazione dei rifiuti, la bonifica del sito etc. come da applicazione del Codice dell’Ambiente per ogni evento inquinante, che tra l’altro prescrive l’esecuzione in danno da parte del Comune in caso di inottemperanza del Responsabile dell’inquinamento.
Sono trascorsi ben altri cinque anni dal 2009 e i Barletta titolari dell’area e del capannone incendiato, non hanno attuato nè le prescrizioni impartite dall’Arpac al responsabile dell’inquinamento tramite il Dirigente Responsabile del Settore Acqua, Suolo e Rifiuti Dr. Vincenzo DE GENNARO AQUINO ed altri (parere tecnico dell’ARPAC Rif. ST n.5609 del 23/10/2009, trasmesso al Comune di San Giorgio del Sannio con Nota Arpac Prot. n. 4351 del 29 ottobre 2009) attenendosi alle quali Barletta avrebbe dovuto eseguire il PIANO PER LA MESSA IN SICUREZZA DI EMERGENZA ED IL PIANO DI INVESTIGAZIONE PRELIMINARE, in applicazione del Codice dell’Ambiente.
Non solo. Dal 23 maggio 2009 l’imprenditore Antonio Barletta, amministratore p.t. dell’Immobiliare Sannita s.r.l. e della New Distribution s.r.l.(sono le stesse persone, ma giocano a nascondino, facendo finta le due società di ignorarsi l’un l’altra, escogitando futili e indecenti cavilli processuali) non hanno ancora liquidato un centesimo di risarcimento ai residenti danneggiati dal maxi incendio e dirimpettai a pochi metri dalla struttura abusiva, andata in fiamme per circostanze e cause non verificate.
In realtà nella causa civile promossa dagli Eredi Carpentieri Ilario (R.G.nn.1583/2009 e 4887/2009 entrambe con Giudice dott.ssa Giuliana GIULIANO), salvi per miracolo ma comunque lesi ingentemente sul piano della salute irrimediabilmente persa, nonchè per aver subito la distruzione a causa delle fiamme dell’unica autovettura (bene essenziale della vita)  e per aver riportato danni consistenti alla propria abitazione (guaina tetto, cappotto termico, vetrocamera delle finestre etc.) e ai terreni alberati e coltivati, i Barletta civilmente responsabili dell’incendio si sono limitati a chiamare in causa l’Assicurazione INA ASSITALIA s.p.a. che ha già liquidato loro la notevole cifra corrispondente al 60% del valore del capannone e delle merci (scadute?), in virtù di Polizza Rischi Industriali n.01300252122, stipulata con gli Agenti della Filiale di Benevento Carito Giuseppe e De Nigris Arturo.
Come si sia addivenuti alla stipula di tale Polizza Assicurativa, visto che il capannone incendiato (circa 4000mq interamente coperti in materiali combustibili e a distanze non legali dalle abitazioni immediatamente vicine e dalla stradina interpoderale) era privo di qualunque requisito antincendio, sia reale che simbolico (!) e gli ampliamenti abusivi laterali in policarbonato e ferro hanno comportato un notevole aggravamento del rischio, che più che un’alea si configurava come una più che probabile certezza secondo l’id quod plerumque accidit, non è dato sapere.
​G​li aggravamenti del rischio non resi noti o non accettati dalla Società non avrebbero dovuto comportare la perdita totale o parziale del diritto all’indennizzo, nonché la stessa cessazione dell’assicurazione, ai sensi dell’art. 1898 C.C. ?
Verosimilmente sono state truccate carte ed elaborati peritali e al momento della stipula del contratto assicurativo, e al momento della liquidazione dell’indennizzo assicurativo, e ciò tanto per confermare e consolidare le prassi  “tipiche”, notorie e contra legem dell’imprenditore Antonio  Barletta, in corso di accertamento penale.
Sta di fatto che la compagnia INA ASSITALIA, anzichè denunciare nelle sedi competenti la truffa, sta strumentalizzando i processi civili promossi dai danneggiati per “stabilire la natura (sic !?!?) dell’incendio”, se dolosa o accidentale, così come comunicato all’I.V.A.S.S. e a quanti hanno sporto legittimo reclamo .
Al tempo stesso, nella comparsa di costituzione, abbozza un pseudo ragionamento veramente risibile sul piano dei sillogismi logico-giuridici che non dovrebbe sfuggire al Giudice !
Occorre davvero un duplice salto mortale, consono più a trapezisti circensi che a esercenti la logica, per affermare che:
  1. se ”…non sono emersi elementi utili per l’identificazione dei responsabili del reato”.
  2. Dunque, l’incendio è stato appiccato da terzi ignoti”.
Che i “responsabili del reato” siano “terzi” come afferma INA ASSITALIA tramite il proprio legale rappresentante è tutto da verificare e dimostrare !
La Compagnia è diffidata a provarlo nelle sedi giurisdizionali competenti, e NON nelle cause risarcitorie dei danni da incendio(=fatto inconcusso e incontrovertibile!), facendo riaprire le indagini  che si sono incentrate sulla eventuale “estorsione” subita dai Barletta e che si sono chiuse alquanto frettolosamente sulle cause, decretando la “natura accidentale” dell’evento incendiario, ipotizzandosi il “cortocircuito alle celle frigorifere !”. 
Meglio farebbe la Compagnia di Assicurazione a non piangere sul latte versato (con la stipula della Polizza assicurativa e la liquidazione senza alcuna contestazione del 60%) e a valutare ben altre circostanze, gravi precise e concordanti, quali a titolo esemplificativo: la non più prorogabile necessità di trasferire ad altra sede l’azienda, essendo il sito di via Cesine privo dei più elementari requisiti igienico sanitari;
l’approssimarsi di un sopralluogo serio dei Carabinieri dei N.A.S. sulle derrate alimentari immagazzinate nel capannone dei Barletta;
la necessità di disporre con ordinanza sindacale la demolizione dei manufatti abusivi, non rispettosi neppure delle distanze minime di sicurezza dalle abitazioni vicine, almeno quelle previste dal Codice della Strada ;
la mancanza di qualunque dispositivo antincendio ;
l'assenza e la perdurante omissione del Comune nel costruire la strada comunale a servizio dei lotti;
le gravi quanto discordanti dichiarazioni di un dipendente della New Distribution s.r.l. nonchè parente di Antonio Barletta, tale Antonio Lollo, che nella serata del 22 maggio 2013,  appena qualche ora prima dell’innesco dell’incendio (non alle celle frigorifere ma ) all’altezza dell’abitazione Carpentieri, ha ammesso di essere ritornato – dopo l’orario di lavoro ed in via del tutto eccezionale e singolare rispetto a quanto generalmente faceva di solito – sul sito che poi si sarebbe incendiato.
Per fare effettivamente cosa ? Non c'erano dispositivi antincendio da visionare, la struttura non aveva neppure allarmi sonori per tale evenienza e neppure estintori...Lollo come faceva a prevedere l'incendio da lì a poche ore ? Oppure ben altro aveva programmato la New Distribution ? Eliminazione fisica della famiglia Carpentieri e lucro del risarcimento assicurativo ? Ce lo diranno gli inquirenti che sinora non erano al corrente di tale circostanza.
Tutto ciò deporrebbe in primis per la non assicurabilità a priori di quanto assicurato, per vagliare in seconda battuta l’ipotesi della frode assicurativa aggravata ex art.642 c.1 e c.2 c.p. , nonchè per rivalutare la natura non accidentale, ma dolosa, anzi autodolosa dell’incendio  .
Intanto,  il titolare del sito e del capannone coinvolto dall’incendio del 2009 ben lungi dal sentire il dovere morale e giuridico di  liquidare ai terzi danneggiati i danni patiti, trova nel 2014 i fondi per decementificare il piano di campagna del sito inquinato ed eseguire con autocertificazione (S.C.I.A. n.16291 del 03 ottobre 2014 ) anomali lavori di movimentazione terra per una “nuova area di sedime” .
A che scopo?
Stravolgere ad personam le destinazioni urbanistiche per un altro ecomostro  in violazione di distanze, luci e vedute della realtà preesistente oppure optare per l’unica utilizzazione dell’area compatibile con il carattere residenziale saturo della zona circostante ed il gravissimo evento inquinante del 2009, e cioè un’area destinata a verde e al recupero ambientale ?
Altro che limoni pazzi e deformi della terra dei fuochi, qui le colture e persino le rose per effetto di diossine, policlorobifenili, composti furanosici ed altre micidiali sostanze tossiche respirate dai residenti e dalla flora coinvolti dal mega incendio, sono a distanza di anni in gran parte morte e le superstiti sono affette da patologie abnormi, di difficile collocazione fitosanitaria.
Rosanna Carpentieri
cittadina coinvolta dall’incendio, confinante con la proprietà Barletta;
in proprio ed in nome e per conto di altri cittadini residenti in zona.​

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